L’obiettivo che mi propongo nel condividere contenuti sui social non è quello di diffondere i soliti messaggi come “AMATI”, “PRENDITI IL TUO TEMPO”, “LA COSA PIÙ IMPORTANTE SEI TU”, “VA BENE SE NON STAI A DIETA”, “BEVI UNA TISANA AL PAPAVERO DELLA TASMANIA E CONTA FINO A SETTE OGNI VOLTA CHE TI VIENE VOGLIA DI MANDARE TUTTO A FANC**O”. So che queste cose funzionano benissimo sulle piattaforme social. In realtà io penso che per le persone che soffrono di un disagio, ricevere ripetutamente questi imput generici e decontestualizzati possa risultare anche avvilente. Constatare di essere ancora lì a leggere senza riuscire a mettere in atto risposte concrete deve essere devastante. “SONO FALLACE”.

Quello che vorrei fare io attraverso i miei post, oltre ad esprimere la creatività e le mie riflessioni per piacere personale, è mostrare alle persone che sperimentano un rapporto doloroso col cibo che esistono professionisti in grado di capire davvero quello che sentono nel cuore. E che oltre ad esistere questi professionisti sono anche realmente interessati a loro. Quindi il mio obiettivo è quello di convincerli che se accettano la cura è possibile stare meglio, e poi che è possibile anche guarire. La domanda di cura segna un passaggio importante nella storia del paziente con Disturbo Alimentare. Se domando la cura concedo all’altro la possibilità di influenzare la mia tristezza, la mia felicità, la mia rabbia, la mia esistenza. Questo processo si oppone alla logica del disturbo: “Quello che non ho non mi può fare male”. La domanda di cura coincide con l’ammissione della propria frangibilità, con il riconoscimento del bisogno di aiuto, il bisogno di amore e degli altri.

Dott.ssa Eleonora Vinci Dietista Biologa Nutrizionista

Riflessione a colazione

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