I pazienti che soffrono di disturbo alimentare non devono mai essere incoraggiati a mangiare al mero scopo di recuperare peso… Oltre a rivelarsi infruttuoso, è un approccio fuorviante e sterile, perché va a confermare nella persona l’idea secondo la quale anche il fine del processo inverso (cioè la restrizione alimentare) fosse realmente e soltanto la perdita di peso. 

Le persone con disturbo alimentare leggono e vivono la relazione con se stessi e com il mondo in termini di peso e/o comportamento alimentare. Il prolungarsi di questa visione concettuale fa sì che ogni frammento di esistenza venga categorizzato e tradotto in termini di un dato peso e/o comportamento alimentare. 

Ne risulta che persuadere la persona col disturbo in fase attiva a mangiare soltanto per recuperare il peso antecedente alla malattia, avrebbe come effetto quello di rafforzare nel paziente stesso il valore ed il ruolo che egli attribuisce al peso corporeo, che è sempre eccessivo ed esistenziale. 

Questo non significa che il recupero del peso sia un obiettivo secondario. Recuperare un peso ragionevole e soprattutto naturale è anzi un punto imprescindibile della riabilitazione. Quello che voglio dire è che è anche un punto estremamente delicato e complesso da gestire… 

Quello che dovrebbe arrivare al paziente, quello che dovrebbe involontariamente cogliere nella propria sensibilità, e non soltanto secondo un processo logico e razionale, è che il peso non ha tutta questa magnificenza nella sua esistenza, come nell’esistenza del mondo. Che la magnificenza delle risorse, delle qualità, delle ricchezze che egli ha dentro invece… Che è quella ad essere smisurata, ad essere oltremisura e, soprattutto, ad essere incompatibile con la coesistenza di un Disturbo Alimentare.

Dott.ssa Eleonora Vinci Dietista Biologa Nutrizionista 

La magnificenza del peso nel Disturbo Alimentare

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