Per capire perché al disturbo alimentare non piace l’estate è necessario comprendere due concetti: il primo è che i disturbi alimentari sono disturbi della relazione con l’Altro. Il secondo è che la malattia ha svolto una funzione, ha incarnato un ruolo nella persona che ne soffre, quello della soluzione e del miracolo. Il disturbo alimentare ed i comportamenti ad esso connessi hanno una loro raison d’être: sono insorti nel disperato tentativo di rendere più sopportabile l’esistenza di una persona che era (o che si sentiva) tremendamente sola e che non riusciva ad integrarsi nel mondo circostante. Il disturbo alimentare con i suoi rituali folli ed aberranti funge da surrogato della relazione e degli affetti, si sostituisce ed automaticamente esclude la possibilità dell’Amore. 

Se inizialmente i sintomi insorgono nel tentativo di sanare le mie difficoltà di interazione con l’Altro, nella speranza di assottigliare il divario che io percepisco dal mondo, finiscono per sgretolare ogni frammento che della relazione col mio mondo preesisteva. Eppure se qualcosa è causa di svantaggio e sofferenza dovrebbe essere semplice, no? Lo abbandono, lo lascio andare. Ma se nel corso del mio sogno-incubo il qualcosa di cui parlavamo, e cioè la malattia, ha fracassato ed incenerito ciò che in effetti mi legava oggettivamente al mondo, se il mio sogno che diviene incubo resta l’ultimo ed il solo brandello della mia vita malconcia e solitaria… Che accadrà se respingo anche lui? 

“No, io non sono malata. Io sto bene, sto bene e non c’è niente da curare”.

Quello che accade durante l’estate è che il mondo dei vivi si ferma. L’estate si nutre degli affetti e del rapporto umano, di conseguenza chi ha imparato per difesa a sopra-vvivere arrangiando la propria esistenza in una realtà evanescente, inerte e fallace si ritroverà improvvisamente sospeso nel vuoto. I comportamenti ed i rituali salvifici si spogliano del loro incanto spiegando il velo della loro illogicità ed insensatezza. La persona soffre, e più soffre più intensifica inconsapevolmente i comportamenti disfunzionali, che a loro volta contribuiscono ad acuire la sofferenza e così via. Spesso accade che il tracollo della persona che soffre di disturbo alimentare in estate è soltanto soggettivo; cioè, ciò che peggiora non è l’intensità e/o la frequenza dei sintomi, quanto la percezione della propria sofferenza e del divario col mondo. Perché se inizialmente il disturbo alimentare nasce col vano obiettivo di rivendicare l’indipendenza e si, l’onnipotenza dal mondo e dall’Altro finisce piuttosto per vincolare incondizionatamente al mondo e all’Altro. 

D’estate si diventa plausibilmente più consapevoli di avere un problema, si intuisce e poi si comprende e infine lo si confessa: il miraggio è effettivamente un miraggio e non realtà.

“Ma come è possibile? Era il mio castello di sabbia, era magnifico e potente, era mio e soltanto mio ed era perfetto…”

“La verità è che l’estate con la sua immensa umanità mi ha salvato. Aiutatemi, sono malata: ho un Disturbo Alimentare.”

Dott.ssa Vinci Eleonora Dietista Biologa Nutrizionista 

È estate, ed io soffro di un Disturbo Alimentare

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