Soffrire di Anoressia non significa vivere costantemente a dieta per essere magri e belli. Esistono miliardi di persone che si polarizzano eccessivamente sul controllo del cibo e del corpo, alcuni vivono relativamente bene, altri ne soffrono, tutto questo è comunque molto, molto distante da ciò che significa con-vivere con un Disturbo Alimentare. 

L’anoressia è una modalità di sopravvivenza che l’individuo sceglie inconsciamente per sopperire alla sua incapacità di esistere nel mondo. L’anoressica non si priva soltanto del cibo. L’anoressica adotta una vera e propria dottrina di astensione dal piacere in senso lato, diventa dipendente da una sorta di godimento delirante e perverso frutto di un’incessante pratica di astensione dal piacere stesso. Sopravvivendo l’anoressica rinuncia alla vita e ad ogni stimolo vitale: l’anoressica non può essere stanca, non può desiderare, non può cedere alle tentazioni, ai bisogni, l’anoressica non può e non deve assolutamente esigere lo spazio nel mondo, lo spazio metaforico, si, ma anche lo spazio fisico, concreto, lo spazio corporeo. E poi gode, gode nel rinunciare e nell’ordire una rinuncia ancora più grande perseguendo un’eterna e folle spirale autodistruttiva. 

Non si guarisce dall’anoressia soltanto ricominciando a mangiare. 

Si guarisce quando anziché respingere la spinta vitale la si accoglie, e nell’accoglierla si rigenera quella connessione innata e bambina che esiste tra la soddisfazione del bisogno e il piacere che ne consegue. È un processo lento ed inconsapevole. 

Una persona può definirsi guarita quando comincia ad accettare che non ha colpa di respirare e di esistere. Che per stare al mondo non è necessario lottare, soffrire, sopportare, che la vita è un dono e non un peccato, che dal piacere e dalla tenerezza, dal colore e dall’amore e poi dal dolore non è possibile fuggire, perché il cuore infondo vince sempre, il cuore infondo vince sempre.

Dott.ssa Eleonora Vinci Dietista Biologa Nutrizionista 

Immagine ideata e realizzata da Francesca Giulioni