Da un punto di vista nosologico (e cioè che attiene alla classificazione sistematica delle malattie) i più comuni Disturbi Alimentari vengono effettivamente distinti in Anoressia Nervosa, Bulimia Nervosa e Binge Eating Disorder. E come la medicina vuole – trattandosi di patologie – ognuno presenta dei precisi criteri che, se soddisfatti, conducono ad una diagnosi. Così funziona la Scienza. La Scienza necessita di precisione, accuratezza, di limiti e confini. 

Purtroppo però quando l’oggetto della patologia è una combinazione di biologia e chimica, ma anche di cuore, emozioni e tratti di personalità la questione diviene più complessa.

Secondo la definizione più unanimemente condivisa dalla Comunità scientifica i Disturbi Alimentari vengono definiti come “persistenti disturbi del comportamento alimentare o di comportamenti finalizzati al controllo del peso corporeo, che danneggiano in modo significativo la salute fisica o il funzionamento psicologico e che non sono secondari a nessuna condizione medica o psichiatrica conosciuta” (Faiburn, 2003). 

La definizione è sufficiente a far quantomeno intuire perché è più corretto parlare di Disturbo Alimentare piuttosto che di Anoressia, oppure di Bulimia, o di Binge Eating. 

In primo luogo forse non tutti sanno che chi soffre di Disturbi Alimentari è solito sperimentare nel corso della malattia (o della vita) tutte e tre le sfumature del disturbo; cioè, l’individuo tende a snodarsi in un increscioso viavai di segni e sintomi che appartengono ora all’Anoressia, ora alla Bulimia, ora al Binge Eating; e di nuovo alla Bulimia, poi all’Anoressia, e così via.

Tuttavia la ragione principale per la quale, come afferma il titolo del mio articolo, “non esistono l’anoressia, o la bulimia, o il binge eating ma soltanto il Disturbo Alimentare” risiede proprio nella definizione di Faiburn. 

Immaginiamo il Mondo come una tavolozza di colori.

Una persona che non soffre di un Disturbo Alimentare avrà una tavolozza che contiene il blu, il rosso, il giallo, ma anche il verde, il viola, il celeste, il rosa; il turchese, il blu cobalto, il verde esmeraldo, e così via (fugace reminiscenza in virtù degli straordinari prodotti Giotto, parte integrante dell’infanzia di ogni bambino).

La tavolozza di una persona con Disturbo Alimentare, invece, avrà soltanto tre colori: il blu, il giallo, il rosso.

Mi spiego.

Immaginiamo la Vita come una tavolozza di colori. 

Il rosa sono gli amici, il verde il lavoro, il viola la famiglia, il turchese gli svaghi, il celeste il riposo, il verde smeraldo l’intimità. Il blu è il cibo, il giallo il corpo, il rosso il peso.

Chi soffre di un Disturbo Alimentare non ha spazio per la famiglia o per gli amici. 

Chi soffre di un Disturbo Alimentare non ha bisogno di acquistare lo strabiliante corredo di matite Giotto da sessanta colori tanto anelato da ogni bambino, perché ne userà sempre e soltanto tre.

Rosso-colora-spunta-riappunta-rosso-colora-spunta-riappunta-rosso-colora-spunta-riappunta. 

“Vorrei provare l’arancione, oppure no, meglio di no, facciamo domani, oggi è meglio il rosso, domani l’arancione, promesso, lo giuro, domani.”

Suona la sveglia e il giorno – oggi, cioè domani – è ancora tutto rosso.

L’anoressica e la bulimica sceglieranno sempre e soltanto il rosso, il blu, il giallo.

Semplicemente perché FA MENO MALE. 

Perché una vita fatta di colori, di sfumature, di tonalità, una vita intensa, in cui l’alternativa esiste (e anzi, è necessaria!) spaventa. 

Perché scegliere un colore e rifiutarne un altro significa rischiare, significa accogliere l’eventualità che è possibile sbagliare e cadere, significa che è possibile fallire, che è possibile SOFFRIRE.

Vivere (?) con un Disturbo Alimentare significa anestetizzare il cervello, il corpo e il cuore perché il cervello il corpo e il cuore non riescono a collimare. 

Non ha assolutamente importanza quale sia il sintomo che affiora: non mangiare, mangiare fino a star male e vomitare tutto, mangiare senza sosta desiderando di riuscire-a-non-mangiare, o soffrendo voracemente il non-essere in grado di stare al mondo come una persona ‘normale’. 

Come una persona. 

NORMALE.

Pensare al cibo, come procuraselo, quando consumarlo, dove, come cucinarlo, se cucinarlo e poi buttarlo o propinarlo a qualcun altro, come eliminarne le tracce, perché il cibo diventa un crimine, un peccato, una colpa, un segreto, diventa vergogna, paura, rabbia, gioia, tristezza, disgusto.

Il cibo e tutto ciò che riguarda il cibo divengono le uniche sfumature di colori che chi soffre di un Disturbo Alimentare riesce a concepire nella propria tavolozza della (non) vita. 

Anoressico, Bulimico, Binge eater.

Per un terapeuta, un medico, un dietista o un nutrizionista che intende formarsi e trattare i Disturbi Alimentari incorporare questo concetto è compito imprescindibile. 

Per il mondo, invece, comprendere le radici di questo male, sentire nel cuore queste malattie intense e viscerali, sarebbe un immenso salto in termini di consapevolezza, di sostegno, ma soprattutto di prevenzione.

Dott.ssa Eleonora Vinci Dietista Biologa Nutrizionista 

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Da un punto di vista nosologico (e cioè che attiene alla classificazione sistematica delle malattie) i più comuni Disturbi Alimentari vengono effettivamente distinti in Anoressia Nervosa, Bulimia Nervosa e Binge Eating Disorder. E come la medicina vuole – trattandosi di patologie – ognuno presenta dei precisi criteri che, se soddisfatti, conducono ad una diagnosi. Così funziona la Scienza. La Scienza necessita di precisione, accuratezza, di limiti e confini. 

Purtroppo però quando l’oggetto della patologia è una combinazione di biologia e chimica, ma anche di cuore, emozioni e tratti di personalità la questione diviene più complessa.

Secondo la definizione più unanimemente condivisa dalla Comunità scientifica i Disturbi Alimentari vengono definiti come “persistenti disturbi del comportamento alimentare o di comportamenti finalizzati al controllo del peso corporeo, che danneggiano in modo significativo la salute fisica o il funzionamento psicologico e che non sono secondari a nessuna condizione medica o psichiatrica conosciuta” (Faiburn, 2003). 

La definizione è sufficiente a far quantomeno intuire perché è più corretto parlare di Disturbo Alimentare piuttosto che di Anoressia, oppure di Bulimia, o di Binge Eating. 

In primo luogo forse non tutti sanno che chi soffre di Disturbi Alimentari è solito sperimentare nel corso della malattia tutte e tre le sfumature del disturbo; cioè, l’individuo tende a snodarsi in un increscioso viavai di segni e sintomi che appartengono ora all’Anoressia, ora alla Bulimia, ora al Binge Eating; e di nuovo alla Bulimia, poi all’Anoressia, e così via.

Tuttavia la ragione principale per la quale, come afferma il titolo del mio articolo, “non esiste Anoressia o Bulimia o Binge Eating ma soltanto il Disturbo Alimentare” risiede proprio nella definizione di Faiburn. 

Immaginiamo il Mondo come una tavolozza di colori.

Una persona che non soffre di un Disturbo Alimentare avrà una tavolozza che contiene il blu, il rosso, il giallo, ma anche il verde, il viola, il celeste, il rosa; il turchese, il blu cobalto, il verde esmeraldo, e così via (fugace reminiscenza in virtù degli straordinari prodotti Giotto, parte integrante dell’infanzia di ogni essere umano).

La tavolozza di una persona con Disturbo Alimentare, invece, avrà soltanto tre colori: il blu, il giallo, il rosso.

Mi spiego.

Immaginiamo la Vita come una tavolozza di colori. 

Il rosa sono gli amici, il verde il lavoro, il viola la famiglia, il turchese gli svaghi, il celeste il riposo, il verde smeraldo l’intimità. Il blu è il cibo, il giallo il corpo, il rosso il peso.

Chi soffre di un Disturbo Alimentare non ha spazio per la famiglia o per gli amici. 

Chi soffre di un Disturbo Alimentare non ha bisogno di acquistare lo strabiliante corredo di matite Giotto da sessanta colori tanto anelato da ogni bambino, perché ne userà sempre e soltanto tre.

Rosso-colora-spunta-riappunta-rosso-colora-spunta-riappunta-rosso-colora-spunta-riappunta. 

“Vorrei provare l’arancione, oppure no, meglio di no, facciamo domani, oggi è meglio il rosso, domani l’arancione, promesso, lo giuro, domani.”

Suona la sveglia e il giorno – oggi, cioè domani – è ancora tutto rosso.

L’anoressica e la bulimica sceglieranno sempre e soltanto il rosso, il blu, il giallo.

Semplicemente perché FA MENO MALE. 

Perché una vita fatta di colori, di sfumature, di tonalità, una vita intensa, in cui l’alternativa esiste (e anzi, è necessaria!) spaventa. 

Perché scegliere un colore e rifiutarne un altro significa rischiare, significa accogliere l’eventualità che è possibile sbagliare e cadere, significa che è possibile fallire, che è possibile SOFFRIRE.

Vivere (?) con un Disturbo Alimentare significa anestetizzare il cervello, il corpo e il cuore perché il cervello il corpo e il cuore non riescono a collimare. 

Non ha assolutamente importanza quale sia il sintomo che affiora: non mangiare, mangiare fino a star male e vomitare tutto, mangiare senza sosta desiderando di riuscire-a-non-mangiare, o soffrendo voracemente il non-essere in grado di stare al mondo come una persona ‘normale’. 

Come una persona. 

NORMALE.

Pensare al cibo, come procuraselo, quando consumarlo, dove, come cucinarlo, se cucinarlo e poi buttarlo o propinarlo a qualcun altro, come eliminarne le tracce, perché il cibo diventa un crimine, un peccato, una colpa, un segreto, diventa vergogna, paura, rabbia, gioia, tristezza, disgusto.

Il cibo e tutto ciò che riguarda il cibo divengono le uniche sfumature di colori che chi soffre di un Disturbo Alimentare riesce a concepire nella propria tavolozza della (non) vita. 

Anoressico, Bulimico, Binge eater.

Per un terapeuta, un medico, un dietista o un nutrizionista che intende formarsi e trattare i Disturbi Alimentari incorporare questo concetto è compito imprescindibile. 

Per il mondo, invece, comprendere le radici di questo male, sentire nel cuore queste malattie intense e viscerali, sarebbe un immenso salto in termini di consapevolezza, di sostegno , ma soprattutto di prevenzione.

Dott.ssa Eleonora Vinci Dietista Biologa Nutrizionista 

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Non esistono l’Anoressia, la Bulimia o il Binge Eating. Esiste soltanto il Disturbo Alimentare.

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