Partiamo dall’assunto che il termine Dieta iperproteica in se ha scarso significato. ‘Iper-proteica’ sta ad indicare che l’apporto proteico complessivo che caratterizza la dieta è superiore a quello raccomandato dai Livelli di Assunzione di Riferimento per la popolazione italiana, o LARN. Questa condizione può verificarsi in un contesto normocalorico, ipocalorico o ipercalorico. Più comunemente l’appellativo ‘iperproteico’ viene rievocato per riferirsi ad un particolare tipo di dieta ipocalorica che, come anticipato poco fa, si qualifica per una percentuale di calorie derivante dalle proteine – sulle calorie totali – superiore a quella suggerita dalle raccomandazioni scientifiche. In questo scenario dunque, l’incremento della quota calorica proteica si associa ad una riduzione delle calorie derivanti dai carboidrati.
Altre volte l’aumento della quota proteica non è integrata in un contesto di riduzione calorica, e viene (spesso erroneamente) sfruttata con l’intento di aumentare la massa muscolare (ma non è questo l’argomento oggetto dell’articolo, chi è interessato può approfondire al seguente link).
Prendendo in esame il primo esempio sarebbe pertanto più coerente parlare di Dieta a basso contenuto di carboidrati di tipo iperproteico (che a fronte di una fonetica obiettivamente spiacevole ed indigesta va a scongiurare ogni ambiguità).
A partire dagli anni settanta in particolare si sono succedute innumerevoli diete a basso contenuto di carboidrati (Dieta Atkins, Dieta Dukan, Dieta a zona…), tutte riproposte come espediente per curare l’epidemia di obesità in crescente espansione: cambiano i nomi, la modalità di presentazione, le tecniche commerciali e pubblicitarie di lancio sul mercato, ma non il principio di base.
Come riconosciamo una dieta iperproteica a basso contenuto di carboidrati (o low carb)?
✅Restrizione importante in carboidrati semplici e complessi, le cui quantità vengono ridotte, secondo un range variabile, a livelli inferiori alla soglia minima raccomandata dalla comunità scientifica
✅ Incremento di prodotti ad alto tenore proteico: la percentuale di energia sul totale delle calorie giornaliere fornita dalle proteine viene incrementata dallo 0,9-1 g/kg peso corporeo (pari ad un 12-18% sulle calorie totali) fino al 30 o 40%, spesso anche attraverso l’ausilio di integratori
✅Talvolta (come nel caso della Dieta Chetogenica) aumento della quota lipidica fino al 60% delle calorie totali (versus il 20-35% raccomandato dai LARN)
In linea teorica queste diete vengono somministrate per periodi di (relativa) breve durata, scanditi da più ‘fasi’ caratterizzate da una diversa composizione quali-quantitativa degli alimenti (es. attacco, transizione, mantenimento).
Lo so: quello che tutti vi (mi) state chiedendo (ammettendo che qualche soggetto con lievi tendenze autolesioniste abbia scelto di sperperare il proprio tempo leggendomi) è: “Si dimagrisce, con le diete low-carb?”
Se devo dare una risposta concisa, SI.
Chi mi conosce sa bene quanto la sintesi rappresenti per me una partner cui amo condividere il minimo indispensabile. Quindi, ovviamente, andiamo avanti e scendiamo nel dettaglio.
Nelle fasi di ‘attacco’ (vorrei dilungarmi sull’umorismo legato a questo curioso appellativo, quasi ci stessimo preparando alla battaglia del secolo) la quota di carboidrati scende anche al di sotto dei 50 g giornalieri (nota bene, importante ma non sempre scontato: ‘carboidrati’ non significa ‘alimenti contenenti carboidrati’, ma prettamente‘carboidrati’! Per esempio viene calcolata anche la percentuale fornita dalla verdura, cosa che, come dietista, trovo (nella grande maggioranza dei casi) impropria; al fine di soddisfare le richieste fisiologiche di globuli rossi e tessuto nervoso (tessuti glucosio-dipendenti in quanto incapaci di utilizzare altre tipologie di macronutriente come fonte energetica) sono necessari almeno 130 g al giorno di carboidrati.
Fortunatamente il nostro organismo è forte, è intelligente, è pronto a reagire, poiché il nostro scopo – biologicamente parlando – è quello di sopravvivere: si nasce, si cresce e si vive per restare in vita, fino ad un certo punto.
La marcata restrizione energetica induce uno stato di chetosi, caratterizzato da un incremento dell’acidità del sangue e di altri liquidi corporei al di sopra della normalità (come conseguenza degli elevati livelli di corpi chetonici circolanti utilizzati come fonte energetica da parte dei tessuti).
➡️Nota bene: la chetosi è uno stato di adattamento metabolico che può essere indotto attraverso più strategie, che non escludono l’aumento della quota proteica della dieta, purché questo sia intercalato in un contesto di restrizione calorica⬅️
⚠️Quindi: non si muore, no. Ma è opportuno essere consapevoli che questa condizione rappresenta per l’organismo una situazione ‘antifisiologica’, una sorta di emergenza che, se prolungata, può provocare molti effetti sfavorevoli.⚠️
Arriviamo al primo paradosso: ⏩l’impoverimento del pool proteico del nostro corpo; esatto: trangugiamo proteine e perdiamo proteine. La chetosi infatti da un lato ostacola la sintesi di nuove proteine e parallelamente favorisce la scissione (demolizione) di quelle già presenti – soprattutto muscolari – ai fini energetici.
Lo sapevate che, non solo il grasso, ma anche – e soprattutto – i muscoli hanno un peso? Il tessuto adiposo infatti è anidro (cioè non porta con sé acqua), mentre i tessuti magri implicano la compresenza di un certo livello di acqua corporea.
Quindi, seguendo una dieta a basso contenuto di carboidrati si perde peso, si, e per vari motivi:
✅La chetosi agisce anche sul sistema nervoso centrale riducendo il senso di fame, quindi, si mangia di meno (almeno inizialmente)
✅Una considerevole parte di energia fornita dalle proteine viene dissipata sotto forma di calore (le proteine inducono una termogenesi indotta dalla dieta (TID) nettamente superiore rispetto a grassi e zuccheri)
✅Le proteine hanno un elevato potere saziante
✅La variabilità delle pietanze concesse è talmente scarsa che presto ci stanchiamo, riducendo spontaneamente la quantità di cibo introdotta
✅Ultimo punto, valido solo per il periodo iniziale: siamo tutti entusiasti e ferventi perché seguiamo una dieta con lo scopo di ottenere un rapido calo di peso, così riuscire nuovamente ad indossare (magari a distanza di un mese o due) il proverbiale vestito rosso dei tempi del liceo (richiamo alla magnifica protagonista del film ‘Requiem for a Dream’, per gli amanti del cinema)
Ecco perché queste diete hanno indubbiamente conquistato una certa popolarità, promossa da ulteriori fattori quali la semplicità d’uso, la possibilità di mangiare alimenti e pietanze saporite (spesso) senza l’incombenza di calcolare porzioni e condimenti, nonché la rapidità del calo ponderale che ha luogo fin dal principio e che, peraltro, induce una potente spinta motivazionale a perseguire gli obbiettivi prefissati.
Veniamo alla kryptonite. Insomma, sarebbe fantastico, no? Conserviamo un po’ di nichilismo ogni qualvolta avvertiamo il presagio che tutto sia così meravigliosamente perfetto.
➡️Possibili (e probabili) carenze nutrizionali: potassio, calcio, magnesio, vitamine, sali minerali e fibra, sostanze antiossidanti (lo so, moltissimi stanno già pensando che tanto-ci-sono-gli-integratori!)
➡️Eccesso di grassi saturi, proteine, purine, sodio
➡️Aumentato rischio di ipercolesterolemia e in particolare della frazione LDL (il colesterolo ‘cattivo’), problemi cardiovascolari, gotta, ipertensione arteriosa
➡️Rischio di osteoporosi: le ossa vengono intaccate allo scopo di tamponare l’acidosi (compenso metabolico recentemente messo in discussione da alcuni studi)
➡️Sovraccarico di lavoro per fegato e reni: notare bene che in età giovanile i danni renali non si avvertono perché il rene è perfettamente in grado di compensare; poiché il rene non dimentica è tuttavia plausibile che le conseguenze si mostreranno in età avanzata (poiché, a partire dai 40 anni, la funzione renale comincia fisiologicamente a ridursi)
➡️Stanchezza, debolezza, vertigini, nausea, stipsi, possibile flessione del tono dell’umore
➡️Secondo studi scientifici i precoci risultati in termini di calo ponderale non vengono confermati nel lungo termine: nell’arco di due anni la quantità di peso persa con questi schemi è sovrapponibile a quella che è possibile ottenere con una dieta normobilanciata che, allo stesso tempo, non comporta rischi in termini di salute psicofisica e sociale. Il recupero di peso pare peraltro inevitabile e abbastanza tempestivo.
⚠️⚠️Il punto fondamentale di questi sistemi è che non educano il paziente ad apprendere un modello alimentare corretto sul quale poter fare affidamento nel mantenimento successivo alla fase di restrizione (che poi, come ribadisco tediosamente ai miei pazienti, col termine ‘mantenimento’ dovremmo intendere il resto della vita: questo sarebbe il reale significato del termine ‘Dieta’!).
E’ più semplice, infatti, sapere cosa, quando e quanto si deve (non) mangiare lunedì, martedì e mercoledì; più complesso è imparare a capire come e perché è consigliato mangiare in un certo modo, senza gettarsi a capofitto in un oceano di sacrifici e rinunce dal quale, lecitamente, non vediamo l’ora di riemergere per tornare a respirare come persone normali.
Dott.ssa Vinci Eleonora Dietista Biologa Nutrizionista
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Un commento su “Diete (ipocaloriche) iperproteiche – Cosa sono? Come funzionano? Quali sono i loro effetti?”