Mi capita spesso di ricevere pazienti che automaticamente associano il concetto di dieta ad un menù settimanale perfettamente organizzato (per esempio: lunedì, colazione … spuntino … pranzo… ecc.). Quando spiego loro che (salvo in casi specifici e/o nei quali tale strategia è particolarmente indicata) il mio modus operandi adotta un metodo diverso può capitare che restino un po’ perplessi.

Perché preferire un piano dietetico costruito come esempio di giornata alimentare con consigli, sostituzioni e frequenze, piuttosto che un menù pianificato su base settimanale? Quali sono i vantaggi e, perché no, gli svantaggi associati?

Menù settimanale, i punti di forza:

  1. So esattamente cosa, quanto e quando mangiare: sono certo che non farò errori
  2. Non devo perdere tempo a pensare al cibo: comprarlo, ideare ricette, pianificare le alternative per la settimana
  3. Un menù perfettamente organizzato mi fa sentire sicuro

Se è vero che a tante salite corrispondono altrettante discese, l’esistenza di punti di forza comporta inevitabilmente alcune fragilità:

  1. Rischio di non comprendere e ragionare sulla composizione ottimale dei pasti (distribuzione equilibrata dei nutrienti nel piatto)
  2. Non mi abituo a leggere le etichette degli alimenti: «se è scritto nel piano è certamente idoneo»
  3. Non prendo confidenza con le sostituzioni e le equivalenze degli alimenti: «a quanta pasta corrispondono 50 grammi di pane? E a quante fette biscottate 5 biscotti? ecc.»

Veniamo all’esempio di giornata alimentare. Quali sono gli svantaggi associati?

  1.  Responsabilità: «il dietista mi ha fornito una guida, ma il volante dell’automobile è in mano a me»
  2. La fatica: «Devo attuare uno sforzo per pianificare i pasti, fare una spesa ottimale, comprendere il significato e la composizione dei vari alimenti/gruppi alimentari, leggere le etichette nutrizionali, scegliere modalità di cottura congrue»
  3. Timore di fallire

Se nel caso del menù settimanale vantaggi e svantaggi possono considerarsi alla stessa stregua, i vantaggi connessi alla scelta di una giornata alimentare non lasciano dubbi: il gioco vale sicuramente la candela.

  1. Autogestione: «Dopo uno sforzo iniziale diventerò autonomo e indipendente: imparerò a regolare automaticamente le mie scelte alimentari secondo le mie preferenze ed esigenze, evitando monotonie, ripetizioni ed eventuale isolamento sociale.»
  2. Libertà e spontaneità senza imposizioni di uno schema rigido e ripetitivo: «Posso scegliere ciò che mangerò ogni momento e ogni giorno.»
  3. Riduzione nella frequenza dei controlli dal dietista/nutrizionista
  4. Incremento dell’autostima: «ho iniziato un percorso per mano e col bastone, ma imparerò a camminare da solo»

Concludendo, una Dieta prescritta in forma di piano alimentare che lascia libero arbitrio (compatibilmente con scelte alimentari e di stile di vita sane e ragionevoli) può creare, quantomeno inizialmente, un po’ di confusione, nonché un relativo sforzo da parte del paziente che si accinge ad intraprendere un percorso mirato alla modificazione del peso e/o della composizione corporea e/o delle proprie abitudini alimentari. Per riprendere la metafora delle salite e delle discese, una fase iniziale che comporta impegno e fatica (non solo per il paziente stesso, ma anche per il professionista che propone un metodo improntato sull’educazione alimentare piuttosto che su un regime meramente prescrittivo) comporta indubbiamente buoni frutti. Al termine del percorso i il paziente avrà imparato ad autogestirsi e a regolarsi in modo autonomo riguardo alle scelte dietetiche e di stile di vita, con un rischio inferiore di ricaduta.

Dott.ssa Vinci Eleonora Dietista Biologo Nutrizionista

Prescrivere una Dieta: piano settimanale o giornata alimentare con sostituzioni?

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