“Meglio se integrale, biologico, artigianale, naturale, bio-dinamico, di grano antico, colorato, scuro, insomma… vero!“
Ai tempi in cui non sapevamo che ‘l’integrale era integrale’ i benefici erano indubbiamente assicurati. Non eravamo neanche a conoscenza del beneficio derivato dal regolare consumo degli ortaggi (poiché, comunque, avveniva in maniera spontanea). Non esistevano i prodotti artificiosi creati dall’industria alimentare. Non c’erano professionisti della nutrizione, perché l’importante era semplicemente mangiare. Ma soprattutto, non esisteva internet. Oggi le cose sono un po diverse…
Come mio solito, cercherò di minimizzare il disordine, contro ogni legge fisica. Cominciamo!
1. Le farine raffinate sono ‘veleni bianchi’: “Viene definito veleno una “sostanza di origine esogena che, introdotta per qualsiasi via, anche in dosi relativamente piccole, in un organismo, ne compromette l’integrità strutturale o la funzionalità, con effetto generale o elettivo (agendo, per es., sul sistema nervoso, cardiocircolatorio, ecc.), immediato o tardivo, reversibile o irreversibile, fino alla morte dell’organismo stesso (l’azione tossica dei veleni, alcuni dei quali possono essere adoperati, in dosi minime, come farmaci, dipende, a parità di peso corporeo, oltre che dalla dose, dalla capacità di assorbimento, dalle condizioni fisiologiche dell’organismo, ecc.)“. Il primo punto è stato efficacemente chiarito: mangiando pasta e pane convenzionali non si muore.
2. Calorie e macronutrienti: L’apporto calorico è sovrapponibile; la riduzione a carico della versione integrale è modesta (circa 340 vs 350 per la pasta e 230 vs 250 kcal/100g per il pane). L’integrale contiene leggermente più proteine e lipidi (diretta conseguenza della preservazione del chicco) e meno carboidrati (in misura scarsamente significativa). Da Dietista vi assicuro che: non è questo che fa la differenza; cioè, non è sostituendo l’integrale col raffinato che viene incrementato il contenuto medio di proteine o lipidi, o ridotto quello di carboidrati nel contesto della dieta giornaliera!
3. Micronutrienti: Le farine integrali conservano un maggiore contenuto di microelementi quali vitamina E, acidi grassi essenziali e molte vitamine del gruppo B. Tuttavia la fibra implica la compresenza di fitati (acido fitico) che, agendo come chelanti, ostacolano l’assorbimento di minerali come zinco, magnesio, calcio, ferro. Ci tengo ad aggiungere che: a seguito dei numerosi eventi di carenze vitaminiche verificatesi nel secolo scorso, oggi quasi tutte le farine sono – a prescindere dal grado di raffinazione – additivate con vitamine del gruppo B: carenze di questo tipo si ritrovano, ad oggi, esclusivamente in casi particolari e/o patologici (es. alcolismo, condizioni di malassorbimento, malnutrizione es. paesi in via di sviluppo o disturbi alimentari).
4. Minore Indice glicemico e miglioramento della funzionalità intestinale: Vero per l’integrale, dovuto alla presenza della fibra. E’ opportuno considerare però che la fibra è garantita anche – e soprattutto – da un apporto regolare di alimenti vegetali (frutta, verdura, legumi), e che:
✅ associando la pasta non raffinata ad un condimento di verdura (o meglio ancora anche ad una intera porzione) l’effetto di attenuazione del picco glicemico e di riduzione dell’assorbimento di zuccheri e colesterolo è paragonabile – se non superiore – al corrispettivo integrale non associato a tali alimenti (es. pasta in bianco)
✅ discorso simile per quanto concerne gli effetti sull’alvo (cioè la funzione intestinale), senza contare che la fibra (o più precisamente la crusca) legata alla componente integrale può anzi provocare, nei soggetti più sensibili, un effetto irritante sulla mucosa intestinale. Tale caratteristica non è analogamente correlata alle fibre di (alcuni) ortaggi
Pertanto, consumando regolarmente frutta e verdura secondo le porzioni e le frequenze suggerite dai LARN non è sempre necessario incrementare ulteriormente l’apporto di fibra alimentare attraverso l’assunzione di prodotti integrali; in caso di stipsi patologica eccedere con la dose di fibre può paradossalmente provocare l’effetto opposto a quello desiderato: sarebbe più saggio cercare di risalire alla causa che, probabilmente, non è di natura alimentare. Una visita gastroenterologica è sempre consigliata.
5. Riconoscere il ‘vero’ dal ‘finto’ integrale: “una farina può definirsi integrale quando il tasso di ceneri è compreso tra 1,3 e 1,7 % della sostanza secca” (L n.187 del 9.02.2001). Ciò significa che un prodotto realizzato con farine raffinate e successivamente arricchite con crusca può essere definito integrale e commercializzato come tale perché il tasso complessivo di ceneri rispetta i parametri. Una farina realmente integrale che contiene tutte le componenti del chicco, tra cui il prezioso germe del grano, ha tempi di conservazione minori rispetto alle farine raffinate (oltre ad un costo monetario superiore). Ciò va contro l’interesse dei grandi produttori, che mirano a commercializzare prodotti meno deperibili e dalla scadenza più prolungata. Controllando la lista degli ingredienti dovremmo trovare la dicitura ‘farina integrale di…’ (o ‘semola integrale di’ se parliamo di pasta) seguita dal valore in percentuale (che dovrebbe essere almeno superiore al 50%). Se alla dicitura ‘farina di frumento’ seguono ‘crusca’ o ‘cruschello’ ci siamo imbattuti in un ‘finto integrale’: quel prodotto è stato realizzato con farine raffinate (00 o 0) addizionate di crusca. Nota bene: poiché gli ingredienti sono elencati in ordine di quantità decrescente quelli che compaiono per primi sono quelli contenuti in maggiore misura: dunque dovremmo trovare la farina integrale al primo o quantomeno tra i primi posti. Nello specifico del pane bisogna considerare che ove lo si acquisti – ad esempio in un comune panificio – quasi certamente non avremo una lista di ingredienti prontamente disponibile: per ottenere delucidazioni sarebbe necessario rivolgersi al produttore o al venditore (quest’ultimo spesso può non essere adeguatamente preparato). Nel pane oltre al problema ‘farina raffinata + crusca aggiunta’ si pone un’altra possibile incognita, quale l’utilizzo di ulteriori ingredienti come grassi di bassa qualità (talvolta olio di palma o di colza, strutto, ecc.), zuccheri e/o altri additivi potenzialmente impiegati al fine di migliorare la consistenza e la sofficità dell’impasto in via di lavorazione (problema che di norma non si viene a creare con l’impasto di farina raffinata). Un pò come il discorso del ‘senza glutine’ o del ‘pane ipo/aproteico’ per i pazienti nefropatici.
Tirando le somme: la pasta e il pane integrale vantano, tralasciando il resto, un aroma e un sapore peculiari che, a seconda del gusto personale, possono rivelarsi gradevoli e palatabili: niente in contrario pertanto se la loro scelta è dettata da questa ragione. Se al contrario, per gusto, preferite la versione raffinata è buono sapere che:
✅ non è un veleno
✅ è possibile ottenere, adottando gli accorgimenti adeguati, gli stessi benefici prodotti dalla versione integrale che, peraltro, nella sua forma autentica è molto molto difficile da reperire sul mercato (e quando la si reperisce l’onere economico non è indifferente).
✅ acquistando prodotti commercializzati e venduti come integrali ma non integrali di fatto si rischia di ottenere più svantaggi che vantaggi, marciando in direzione opposta a quella dei nostri propositi iniziali.
Dott.ssa Vinci Eleonora Dietista Biologa Nutrizionista
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