La menopausa rappresenta un momento molto delicato nel ciclo di vita della donna. I cambiamenti ormonali che si verificano implicano profonde modificazioni a livello psico-biologico, che si ripercuotono sull’organismo a livello sistemico. Tale sconvolgimento, che è parte integrante del grandioso progetto ideato da madre natura, viene attribuito alla penuria di estrogeni indotta dall’esaurimento delle riserve ovariche. In risposta a questo processo l’ipofisi incrementa – attraverso complessi passaggi a carico dell’apparato endocrino – la sintesi e il rilascio di FSH, ormone fisiologicamente deputato alla crescita del follicolo ovarico. Questo guazzabuglio di termini dallo stampo un poco tecnico si traduce – onde evitare un’eccessiva digressione sul piano clinico-medico – nel tramonto dell’età fertile e, dunque, nella lacuna estrogenica sopra citata. Data la polivalenza che a livello organico esercitano queste strabilianti entità – gli estrogeni – non ci dobbiamo sorprendere dinnanzi alla baraonda fisica ed emotiva che la donna, calzando il noto cliché, si trova inevitabilmente a fronteggiare.
Ma allora: quali funzioni assolvono, in fase fertile, questi formidabili ormoni?
- sviluppo dell’apparato genitale
- completamento dell’accrescimento staturale in pubertà
- possibilità di fecondazione e gravidanza attraverso il mantenimento del ciclo ovarico
- regolazione della distribuzione del tessuto adiposo sottocutaneo, vale a dire quello fisiologico e, purché all’interno di un certo range, protettivo; questo aspetto che in realtà si pone come pilastro fondamentale nella fisiologia della donna (in quanto funzionale all’accumulo delle scorte energetiche per la fase gravidica) viene purtroppo screditato dalla società moderna, dominata da uno smodato e tragicamente distorto culto del corpo e dell’immagine in generale, in cui il magro viene automaticamente associato alla bellezza e al successo. Gli estrogeni favoriscono la deposizione del grasso corporeo a livello di fianchi, glutei e cosce. Una forte deplezione a carico di tale componente (cioè il tessuto adiposo fisiologico) che, ripeto, si configura come estremamente preziosa in termini di salute ed efficienza riproduttiva, comporta infatti amenorrea (scomparsa del ciclo mestruale) e anomalie riproduttive con elevata probabilità – sebbene solitamente reversibile con il recupero ponderale – di infertilità
- trofismo del tessuto osseo, con ruolo primario nella prevenzione dell’osteoporosi
- promozione della sintesi di trigliceridi e lipoproteine ad alta densità (colesterolo HDL, vale a dire quello ‘buono’), implicate nella protezione delle parete vasali dal danno arteriosclerotico e, pertanto, nella riduzione del rischio cardiovascolare
Come è possibile dedurre a rigor di logica, le conseguenze (più o meno dirette) che derivano dal deficit estrogenico proprio della menopausa sono numerose e variegate, giacché abbracciano una miriade di sfere che coinvolgono l’intero organismo.
Quali sono dunque le implicazioni connesse alla menopausa?
- come facilmente intuibile, il termine della fase fertile della donna
- modificazione della composizione corporea con incremento della deposizione di tessuto adiposo a livello viscerale (addome) a scapito della porzione inferiore (fianchi, glutei, cosce). Il corpo subisce cioè un passaggio dalla conformazione ginoide, tipicamente femminile, a quella androide, propriamente maschile
- aumento del rischio di osteoporosi e di malattie cardiovascolari: in seguito alla menopausa la probabilità di eventi cardiovascolari della donna diviene equiparabile a quella dell’uomo
Per molti può rivelarsi sorprendente quanto il fattore ‘Dieta’ possa inficiare la salute della donna in menopausa.
• Rischio Cardiovascolare: onde scongiurare un eccessivo aumento di lipoproteine a bassa densità (colesterolo LDL, banalmente ‘cattivo’) sarà di cruciale importanza il controllo quali-quantitativo dei lipidi introdotti e, nello specifico, in riferimento alla categoria dei grassi saturi. Dove si trovano i grassi saturi? I grassi saturi vengono introdotti nella nostra dieta attraverso l’assunzione di prodotti ad elevato tenore lipidico di origine animale (carni grasse, formaggi, insaccati, burro, creme e dolci). Contrariamente a quanto creduto in passato, l’uovo non rappresenta un rischio concreto per l’incremento dei livelli di colesterolo ematico. Difatti l’introduzione di colesterolo in quanto tale con gli alimenti influenza soltanto per un 15-20% i livelli dello stesso nel circolo ematico: il restante 80% è – premetto, in fisiologia – frutto della regolazione endogena (cioè autonoma) via sistema endocrino (ormonale); ovviamente la situazione si complica in caso di patologia (es. ipercolesterolemia familiare) nel cui contesto – ribadiaco – si rende necessaria oltre alla terapia dietetica l’intervento farmacologico e a stretto controllo medico.
• Osteoporosi: a tal proposito assume particolare importanza l’assunzione sia di adeguati livelli di vitamina D (colecalciferolo) che – parallelamente – di calcio, per mezzo di alimenti che ne consentano una buona biodisponibilità. Mi spiego meglio. La vitamina D (che si chiama ‘vitamina’ ma che in realtà è un ormone e, in quanto tale, viene per la maggior parte prodotta dall’organismo stesso a livello cutaneo come conseguenza di una sufficiente esposizione ai raggi solari), è deputata all’efficace assorbimento del calcio a livello intestinale (si stima che il suo intervento aumenti di circa il 50% la quota di calcio assorbita). Dunque, una volta assicurata un’appropriata assunzione di vitamina D attraverso l’integrazione, sarà indispensabile garantire al contempo un’altrettanta introduzione di calcio con gli alimenti. A tal riguardo è bene esser chiari: l’unica fonte alimentare di calcio effettivamente ed efficientemente biodisponibile (e cioè in grado di essere estrapolata ed assorbita dall’alimento stesso) trova luogo nei latte e derivati (latte, yogurt e formaggi soprattutto freschi). Il contenuto (relativamente) elevato di calcio in altri alimenti di origine vegetale (come i legumi e certi ortaggi) viene limitato dalla compresenza negli stessi di fitati che ostacolano sia il suo prelievo durante la digestione (cioè la ‘scomposizione’) dell’alimento, sia il suo assorbimento intestinale: i fitati agiscono da chelanti favorendo l’eliminazione del calcio – così come di altri preziosi minerali quali il ferro – con le feci. Spesso in certe diete ipocaloriche viene suggerito il consumo di questa categoria di alimenti (latte e derivati) nella loro forma light, come latte totalmente scremato e yogurt magro. Sebbene questa scelta si ponga a favore di un certo risparmio calorico (la cui reale entità è discutibile) sono solita sconsigliare un simile approccio (soprattutto per quanto concerne il latte) giacché la totale rimozione della componente lipidica porta con se lo svantaggio di limitare l’assorbimento delle vitamine liposolubili (tra cui appunto la vitamina D) contenute negli stessi alimenti. Le vitamine liposolubili infatti (A,D,E,K) possono essere assimilate soltanto in compresenza dei grassi; per la stessa ragione è sempre raccomandato il consumo di ortaggi conditi con una ragionevole quota di olio extravergine di oliva: assumere un piatto di verdura totalmente scondito si configura infatti come elemento fortemente limitante le potenzialità di questa preziosa fonte di vitamine (come per esempio nel caso delle carote, notoriamente ricche di vitamina A). Ecco perché è di gran lunga preferibile il consumo di latte parzialmente scremato (buon compromesso tra contenuto in lipidi e apporto calorico) a quello scremato, così come di yogurt da latte intero o parzialmente scremato allo yogurt magro – naturalmente rispettando le quantità previste dalla dieta, in relazione al fabbisogno energetico dell’individuo. Al fine di preservare un corretto equilibrio nel processo di rimodellamento osseo (poiché l’osso – perdonate il breve richiamo alla fisiologia umana – è soggetto ad un perpetuo alternarsi di demolizione e neo-formazione che si mantiene per l’arco di tutta la vita) è buona regola:
- Raggiungere e/o mantenere un peso corporeo adeguato, con particolare riferimento alla categoria del sottopeso: un indice di massa corporea troppo basso (inferiore a 20) si pone come elemento a rischio per la salvaguardia del tessuto osseo, incrementando ulteriormente il rischio osteoporosi.
- Per la stessa ragione perseguire un livello adeguato di attività fisica: il movimento, per effetto della gravità, agisce positivamente sul rimodellamento dell’osso, favorendo la deposizione dello stesso.
Concludendo.
Benché sussista una certa universalità a livello dei principi or ora enunciati, non esiste una dieta ottimale per ogni donna in menopausa: ogni donna è diversa dall’altra e richiede un’alimentazione che sia conforme ai propri fabbisogni, determinati da età, peso, altezza, composizione corporea e consumi energetici legati all’attività fisica svolta. Dieta significa stile di vita e – in quanto tale – non può esistere un modello valido per ogni individuo in modo indiscriminato. Voglio dire, una donna in menopausa resta prima di ogni altra cosa una Persona 🙂.
Dott.ssa Vinci Eleonora Dietista Biologa Nutrizionista