Un vegano, un fruttariano, un ‘paleoliano’ e un taglialegna vanno a cena fuori. Tralasciamo lo spiacevole compito che spetterà al cuoco e al cameriere del ristorante. Domande:
1.E’ una barzelletta?
2.Che locale sceglieranno?
3.Dove mai si saranno incontrati, e cosa li ha spinti ad instaurare dei legami?
No, non è una barzelletta.
La scelta del locale ricadrà su di un comune ristorante, poiché su quattro due consumano esclusivamente alimenti di origine vegetale, uno prevalentemente animale (perlopiù carne e pesce), mentre il taglialegna – aimé – appartiene a quella stomachevole, bizzarra, oramai inconsueta popolazione di onnivori. Non prima di aver sciorinato con cura ed orgoglio la propria scelta alimentare (piuttosto, esistenziale) al titolare, ogni commensale riuscirà a procacciarsi una qualche pietanza con cui pasteggiare.
Dove si sono incontrati? Dunque, il taglialegna è un amico del paleo-sostenitore, il quale ha da breve scelto di calarsi in questo nuovo stile di vita sotto il consiglio di alcuni compagni di palestra. Storia simile per il vegano e il fruttariano, colleghi di lavoro e food-bloggers che, dopo essersi imbattuti in una chimera di articoli sul web decantanti stili alimentari scevri da cibi animali, hanno inevitabilmente scelto di vestire i nuovi, fulgidi panni di vegano e fruttariano.
Le due coppie si sono incontrati incidentalmente in un caffè del quartiere, nel quale si erano recati per un fugace aperitivo al termine di un’estenuante ma proficua giornata lavorativa.
Ovviamente, parlavano di cibo.
Esporre le proprie teorie confutando al contempo quelle altrui era compito arduo ed inderogabile; un discorso tira l’altro, capita che alla fine si venga a creare un’inspiegabile alchimia di pensieri e comportamenti.
Un lasso di tempo lievemente superiore alla media per quanto concerne l’ispezione del menù e la tortuosa scelta dei piatti, ma dopo qualche piccola disquisizione il cameriere è riuscito a soddisfare le esigenze di ogni commensale. Le pietanze, secondo i verdetti enunciati, vacillavano tra il fragrante e l’aromatico, l’appetitoso e il succulento, il puro e il genuino, e ancora il balsamico, il fresco e il ‘naturale’. La frenesia per la stesura del nuovo articolo sul food-blog quasi precedeva il piacere di gustare i bocconi. Insomma, gli argomenti non sono certo mancati.
Eccetto che per il taglialegna. Nonostante la sua indole spigliata ed estroversa, quella sera non riusciva proprio ad integrarsi con i convitati. Comunque, la serata è trascorsa abbastanza in fretta, i commensali si sono stretti la mano dirigendosi ognuno verso la propria autovettura.
Quale è la funzione di questo pleonastico, prolisso preludio?
Ciò cui inizialmente auspicavo (prima che i pensieri cominciassero come al solito a colare a picco) era il tentativo di fornire una spiegazione psicosociale di un fenomeno oggi epidemico. Siamo malati di cibo e di tutto ciò che lo riguarda: ricette, foto, video, programmi di cucina, siti web, ristoranti e locali sempre più eccentrici, diete estrose, surrogati in veste di pillole, polvere o frullati, iniettati o bevuti, drenanti e dimagranti. Il cibo è diventata un’occupazione pervasiva nella vita delle persone.
Non è un caso che abbia scelto di presentare i miei personaggi di fantasia identificando i primi con la loro scelta alimentare e solo l’ultimo con la propria condizione lavorativa; eppure sono pronta a scommettere che nessuno, almeno in principio, si è posto la questione. Proprio perché l’esser vegano, crudista, respiriano – miei cari, esistono anche loro, sul serio – e così via, oggi incarna la necessità di identificarsi in una categoria ben precisa che – in qualche modo – sia in grado di definirci nel mondo, di farci sentire una parte distinta di un Tutto che è davvero oltremisura. Un’identità capace di dare uno scopo alle nostre giornate, di infondere energia quando ci alziamo al mattino, di concepire in noi il permesso, alla sera, di coricarci e riposare, progettando un nuovo giorno traboccante di propositi e mansioni da eseguire. Come accade quando si lavora.
Infondo, il meccanismo non è poi così bizzarro: si tratta di cercare di dare un senso alla propria vita.
Dottssa Vinci Eleonora
Dietista Biologa Nutrizionista